Cambiamenti della struttura occupazionale e della qualità delle opportunità lavorative in Italia: un’analisi nazionale e regionale

Sintesi dell’incontro di mercoledì 13 luglio 2022 con Luciana Aimone Gigio e Silvia Anna Maria Camussi, Banca d’Italia, autrici del saggio. 

Il saggio “Cambiamenti della struttura occupazionale e della qualità delle opportunità lavorative in Italia: un’analisi nazionale e regionale” scritto da Luciana Aimone Gigio, Silvia Anna Maria Camussi e Vincenzo Maccarrone, pubblicato nella collana “Questioni di Economia e Finanza” di Banca d’Italia nel febbraio 2021, contribuisce alla letteratura sui cambiamenti della struttura occupazionale. 

Dopo i saluti introduttivi del Direttore di FondItalia, Egidio Sangue e del Direttore dell’Istituto di Storia dell’Europa Mediterranea, Professor Gaetano Sabatini, le ricercatrici della Banca d’Italia hanno presentato il loro lavoro di ricerca. 

«Il lavoro si concentra sulla qualità dei posti di lavoro creati e “distrutti” in Italia e nelle sue regioni nel periodo 2011-2017. Per farlo, è stata applicata una metodologia di approccio “jobs-based” simile a quella sviluppata dai ricercatori di Eurofound e sono stati utilizzati i dati dell’indagine Labour Force Survey dell’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT)» ha spiegato per prima Silvia Camussi. 

I RISULTATI 

La ricercatrice della Banca d’Italia «i risultati suggeriscono che, nel periodo preso in esame, l’Italia ha sperimentato un modello di polarizzazione orientato verso i lavori meno retribuiti, mentre si osserva una tendenza al miglioramento a livello medio dell’Unione europea». 

Luciana Aimone, nel secondo intervento, ha spiegato più nel dettaglio che «si tratta di due tendenze divergenti in Italia: mentre le regioni del Nord e del Centro sono responsabili della crescita non solo della quota di lavoratori in occupazioni di bassa qualità ma anche di quelle di qualità superiore, il Sud ha contribuito esclusivamente all’aumento dei posti di lavoro a bassa retribuzione ed è anche l’unica area che ha registrato una chiara tendenza al declassamento nel periodo 2011-2017. Le tendenze settoriali sono in parte responsabili di questi modelli». 

Inoltre, secondo la ricercatrice, «negli ultimi anni si è accentuato il divario economico tra le regioni centro-settentrionali e quelle meridionali. All’interno di ciascuna macroarea, l’apporto delle diverse regioni all’andamento complessivo è stato eterogeneo, in particolare nel Sud Italia, dove alcune regioni hanno contribuito positivamente alla crescita dell’occupazione anche nei posti di lavoro con una retribuzione più alta, nonostante il loro ruolo sia stato messo in ombra da quelle che hanno ottenuto risultati peggiori». 

LA POLARIZZAZIONE 

Camussi aveva già spiegato durante il suo primo intervento, come «autorevole filone di letteratura, basato su dati statunitensi e britannici, ha sostenuto che i mercati del lavoro si sono sempre più polarizzati, con una crescita dei posti di lavoro concentrata nella parte alta e bassa della distribuzione occupazionale e un calo delle occupazioni a media retribuzione. In questo contesto, l’Italia rappresenta un caso interessante, in quanto il Paese mostra modelli di cambiamento strutturale molto diversi prima e durante la crisi economica». 

Dunque, la letteratura sull’argomento sottolinea il fatto che, prima della recessione, l’Italia non ha sperimentato un modello di polarizzazione bensì di miglioramento della struttura occupazionale. Tuttavia, questo quadro è radicalmente cambiato dopo la crisi del 2008, quando l’Italia è stata tra i pochi Paesi europei a mostrare un modello di declassamento. In un mercato del lavoro in difficoltà, la creazione di posti di lavoro è stata fortemente sbilanciata verso impieghi a bassa retribuzione. 

Nonostante ormai esista un numero considerevole di studi sui cambiamenti della struttura occupazionale a livello nazionale, le tendenze nazionali spesso nascondono una significativa eterogeneità a livello regionale. Ciò è particolarmente rilevante nel caso dell’Italia, dove le regioni sono storicamente caratterizzate da un diverso grado di industrializzazione e da diversi modelli migratori. 

IL DIVARIO REGIONALE 

Se il tema del divario regionale in Italia è da tempo oggetto di ricerca, questo lavoro è uno dei primi contributi che affronta il caso italiano analizzando i cambiamenti nella struttura occupazionale delle regioni e nella qualità dei posti di lavoro. 

Sebbene il tasso di occupazione rimanga un indicatore primario della salute di un’economia, nel tempo la letteratura accademica ha sostenuto che la qualità dei posti di lavoro creati ed eliminati dietro i numeri aggregati diventa un elemento cruciale per comprendere il potenziale di crescita di un Paese. 

A questo proposito, nell’ultimo decennio l’andamento dell’occupazione italiana è apparso peggiore della media UE sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. 

Dal punto di vista quantitativo, la crescita dell’occupazione è stata minore rispetto alla media UE nel periodo di ripresa seguito alla crisi economica e finanziaria del 2008, mentre il calo dell’occupazione nei periodi di recessione è stato superiore alla media UE. 

Guardando al punto di vista qualitativo, i risultati suggeriscono che dall’inizio della recessione del 2008 la struttura occupazionale italiana è cambiata, con un aumento della quota di lavoratori impiegati principalmente in lavori di bassa qualità. Anche durante la ripresa, l’aumento dei posti di lavoro migliori è rimasto al di sotto della media europea. Ciò ha determinato un modello polarizzato e sbilanciato verso i lavori meno retribuiti in Italia, a fronte di tendenze comparativamente migliori in altri Paesi dell’UE. 

UN QUADRO NEGATIVO 

Tra il 2011 e il 2014 solo le regioni del Centro hanno contribuito a un piccolo aumento della fascia alta della distribuzione dell’occupazione. Nel periodo 2014-17, le regioni nord-orientali e nord- occidentali sono state invece i principali motori dell’aumento dei posti di lavoro altamente qualificati, mentre le regioni meridionali hanno contribuito solo alla crescita dell’occupazione in quelli meno retribuiti. 

Considerando separatamente gli andamenti di ciascuna macroarea, nel periodo 2011-17 la struttura dell’occupazione del Mezzogiorno è peggiorata, mentre si osserva un modello di polarizzazione per le regioni del Nord e del Centro, anche se con intensità diversa. 

La crescita dei posti di lavoro ad alta retribuzione è stata molto contenuta nelle regioni del Nord, mentre è stata paragonabile alle tendenze europee nell’Italia centrale, dove il peso dei servizi è maggiore. 

Le regioni del Sud, invece, sembrano aver sofferto in modo sproporzionato la recessione dell’Eurozona: oltre a un forte calo dell’occupazione totale, il peso dei quintili più bassi è aumentato, anche durante gli anni della ripresa. La struttura settoriale di quest’area, caratterizzata da una maggiore dipendenza da settori tradizionali come l’agricoltura e i servizi pubblici, può contribuire a spiegare la divergenza osservata con le altre macroregioni. 

LE REGIONI RESPONSABILI DELLA POLARIZZAZIONE 

Il quadro appare ancora peggiore se si considerano le condizioni contrattuali associate ai posti di lavoro creati nelle regioni meridionali: solo le posizioni part-time e quelle temporanee hanno avuto un contributo positivo alla creazione di posti di lavoro nell’area. Tuttavia, osserviamo un’eterogeneità di tendenze all’interno di ciascuna macroregione. In particolare, nel Sud Italia ci sono regioni che contribuiscono positivamente alla crescita, anche se il loro andamento è dominato da quelle meno performanti. 

Nell’area nord-occidentale le tendenze sono guidate dalla Lombardia, mentre nel Centro il Lazio e la Toscana sono i principali responsabili della polarizzazione. Nel Sud Italia ci sono regioni che hanno contribuito positivamente alla crescita dell’occupazione (Campania, Molise e Sardegna), anche se l’andamento complessivo è dominato da quelle meno performanti. 

Pertanto, nella progettazione degli interventi politici è importante considerare le caratteristiche specifiche delle diverse macroaree e di ciascuna regione al loro interno.