Donne e lavoro, la formazione professionale per contrastare lo sfruttamento

Riflessione sul “Rapporto 2022 – Donne gravemente sfruttate. Il diritto di essere protagoniste” curato dall’Associazione Slaves No More

“In Italia, e non solo, esiste un grave problema di sfruttamento nel mondo del lavoro che colpisce principalmente le persone più fragili. Tra queste, spesso le vittime preferite sono donne straniere, private dei diritti fondamentali e costrette a lavorare in condizioni disumane”.

Inizia così il contributo che Gaetano Sabatini, Professore ordinario di Storia economica presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi Roma Tre e Direttore dell’Istituto di Storia dell’Europa mediterranea del Consiglio nazionale delle ricerche (Isem-Cnr), e Giulia Alfieri, assegnista di ricerca presso lo stesso istituto, hanno scritto per il “Rapporto 2022 – Donne gravemente sfruttate. Il diritto di essere protagoniste” ideato e curato dall’Associazione Slaves No More.

In particolare, come recita il titolo dell’approfondimento, gli autori hanno affrontato il tema de La formazione professionale come opportunità e mezzo di contrasto allo sfruttamento del lavoro femminile straniero.

LA VITTIMA PERFETTA DELLO SFRUTTAMENTO

La “vittima perfetta” e più frequentemente reclutata da datori di lavoro – quando così si possono chiamare – è infatti una persona fragile, spesso donna e straniera, con un permesso di soggiorno precario o inesistente ma, se la burocrazia italiana aggrava le situazioni di sfruttamento anziché contrastarle, secondo Sabatini e Alfieri, sono necessari percorsi di formazione professionale per offrire un futuro dignitoso, che non accresca ulteriormente piaghe come assunzioni dietro ricatto, salari bassi, lavoro nero, condizioni igieniche e di sicurezza non a norma di legge, vessazioni psicologiche e fisiche, violenze sessuali.

I SETTORI IN CUI VENGONO SFRUTTATE LE DONNE MIGRANTI

La correlazione tra violenza di genere, migrazione e sfruttamento lavorativo delle donne emerge da numerosi dati. La maggior parte, ovvero circa il 43%, è impiegata in lavori domestici o di cura, spesso con contratti irregolari o applicazione parziale delle norme contrattuali. Le case in cui lavorano, però, spesso diventano anche una prigione in cui i datori di lavoro sono i carcerieri che abusano di loro. C’è poi una percentuale pari a quasi il 27% di donne che trova occupazione nel settore agricolo, senza dimenticare il mercato della prostituzione.

PERCHÉ ISTRUZIONE E FORMAZIONE COMBATTONO LO SFRUTTAMENTO

A riprova del fatto che l’istruzione e la formazione siano di fondamentale importanza per emanciparsi, avere un’autonomia economica e non cadere nella trappola dello sfruttamento per disperazione, a prescindere dalla propria storia personale, gli autori del contributo citano i dati pubblicati nei rapporti Anpal XX/XXI, Randstad Le isole delle donne inattive tra i 30 e i 69 anni e nel dossier Donne e lavoro: ancora lontana la ripresa occupazionale della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro.

Da qui emerge che: “Nel 2021, il mercato del lavoro ha guardato con maggiore attenzione ai profili femminili più qualificati anche in settori a tradizionale vocazione maschile (settore ingegneristico, scienze matematiche, informatica) […] quasi un’assunzione su quattro (24%) è avvenuta tra professioni intellettuali, ad alta specializzazione e tra quelle tecniche. Le donne hanno rappresentato il 66,3% delle nuove attivazioni tra i profili intellettuali e specializzati, cresciuti del 23% rispetto al 2019. Un segnale incoraggiante, sebbene il numero delle lavoratrici sia passato dai 9,7 milioni del 2019 ai 9,5 milioni del 2021”.

L’ITALIA ARRANCA SULLA FORMAZIONE

Partendo dal rapporto Randstad citato da Sabatini e Alfieri è possibile comprendere perché le politiche della formazione sono strettamente connesse con le politiche del lavoro.

Dal confronto tra Italia e Svezia, come osserva lo studio, “emerge con chiarezza il peso molto diverso che i due paesi danno a queste politiche, con la Svezia che ha un tasso di partecipazione alla formazione continua intorno al 35% nella fascia di età 35-54 anni contro il 6% circa dell’Italia”.

POLITICHE ATTIVE E FORMAZIONE

Nel Paese scandinavo, infatti, la formazione continua si inserisce in un percorso di politiche per l’istruzione coerente per l’intero ciclo di vita, dalla primissima infanzia fino agli studi secondari e post-secondari. Inoltre, si realizza in un contesto di stretta collaborazione tra istituzioni pubbliche, istituzioni datoriali e persone interessate, in un contesto in cui la fiducia reciproca è una componente basilare del “capitale sociale”.

In Italia, invece, afferma il rapporto, “la formazione continua non è di certo un elemento di forza nel nostro paese”, dove soprattutto a seguito della nascita di un figlio le donne non sono messe in condizione di tornare a lavorare proprio per la mancanza di politiche attive volte a favorire la formazione in quanto, come ricorda il documento, “l’avanzare dell’età per le donne italiane coincide, in media con una diminuzione delle competenze”.

“Rapporto 2022 – Donne gravemente sfruttate. Il diritto di essere protagoniste”, Associazione Slaves No More:

https://www.slavesnomore.it/2022/12/02/presentazione-rapporto-donne-gravemente-sfruttate/

“Rapporto Fonditalia 2022 – Con le imprese fuori dai soliti schemi”

https://convegno.fonditalia.org/