I giovani italiani non vogliono fare gli imprenditori: sognano un lavoro dipendente

Giovani e lavoro

Il 92,4% dei giovani italiani considera il lavoro importante ed è la percentuale più alta se paragonata alle risposte date dai ragazzi tra i 18 e 30 anni di altre nazioni come Germania, Russia e Polonia. A dirlo è un’indagine di Eurispes, che ha posto domande per comprendere come i giovani vedono il futuro e verso quali valori della vita si orientano.

I giovani e il lavoro

Il lavoro, così come la casa, sono i due principali incubi dei giovani. La situazione del mercato lavorativo, e di conseguenza le difficoltà economiche e abitative, preoccupano molto i ragazzi tra i 18 e i 30 anni. I giovani italiani aspirano in maggioranza a un lavoro dipendente (63,3%), una percentuale molto più alta rispetto ai pari età di altri paesi (25,8% della Polonia, al 20,1% della Germania e al 12,7% della Russia).

In sostanza, nessuno vuole diventare imprenditore di grandi imprese, mentre lo vorrebbe il 21,6% dei giovani della Polonia, il 12,4% della Germania e il 19,6% della Russia.

I giovani italiani, inoltre, non indicano il successo lavorativo e la carriera (30,6% Russia, 27,8% Germania, 20,7% Polonia, 18,6% Italia) tra i fattori più importanti per la realizzazione della propria vita.

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Italia: tra casi virtuosi e maglie nere

Il quadro di questo confronto Eurispes sul lavoro mostra una tendenza italiana totalmente differente rispetto a quella mostrata dai giovani tedeschi, russi e polacchi. Ma l’Italia all’interno dei suoi stessi confini mostra dei dati totalmente differenti anche tra nord e sud, come si evince da uno speciale Infodata del Sole24Ore.

I giovani e il lavoro dipendente

La grande differenza si registra tra Milano e Benevento: nel capoluogo lombardo il 75% dei ragazzi tra i 25 e i 34 anni ha un impiego, mentre nella città campana il rapporto è inverso con il 70% che non lavora. Vicenza è invece un caso virtuoso, in cui l’83% dei 25-34enni ha un posto di lavoro. Va comunque considerato che secondo i dati Istat, la popolazione con età 18-34 anni è maggiormente rappresentata nelle regioni del sud, con il comune di Brognaturo (Vibo Valentia, Calabria) considerato il più giovane del Bel Paese.

Scenari futuri

I dati importanti non riguardano solo il tasso di occupazione dei giovani con età compresa tra i 30 e i 34 anni tra i più bassi d’Europa, ma anche la diminuzione della natalità che andrà ad indebolire a breve la parte centrale della classe lavorativa. Nei dati Eurispes, infatti, viene evidenziato il dato che mostra come i giovani desiderino una famiglia, ma non vogliano fare figli; tendenza che accomuna in ogni caso tutti i paesi occidentali.

Se ora una delle maggiori preoccupazioni è il numero dei disoccupati, questa situazione cambierà in modo drastico fra alcuni anni, portando uno squilibrio grave a cui bisognerà porre rimedio, in vista invece di un forte aumento della popolazione anziana.

La fascia di età fra i 40 e i 44 anni, che dovrà trainare la crescita del paese, nel giro di alcuni anni sarà decimata: si arriverà quindi a una mancanza di lavoratori nella fascia che dovrebbe essere tra le più produttive. Questo porterà a un “buco nero della forza lavoro”, come è stato definito dal demografo Alessandro Rosina e dal ricercatore di diritto del lavoro Mirko Altimari, in una relazione per il Laboratorio futuro dell’Istituto Toniolo.

Una situazione che solo in parte potrebbe essere risolta dall’immigrazione o da un rallentamento della fuga di cervelli. Per questo interventi sulle politiche attive del lavoro e sulla conciliazione vita-lavoro sarebbero auspicabili per non ritrovarsi con più pensionati e meno lavoratori, e con quest’ultimi non in grado di trainare l’economia italiana.

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