Gli studenti arrancano nell’apprendimento: Italia fanalino di coda nella UE

apprendimento scolastico

La formazione nell’ultimo anno ha risentito nel nostro Paese delle disuguaglianze strutturali, che la pandemia di fatto ha solo accentuato. La discontinuità didattica ha aggravato il gap in un confronto internazionale sull’apprendimento.

La dad ha mostrato grandi limiti: solo il 33,7% dei ragazzi tra i 6 e i 14 anni, secondo i dati Istat di metà 2021, ha fatto lezioni quotidiane. L’Italia mostra un ritardo anche in ambito formativo universitario: solo il 20,1% delle persone tra i 25 e i 64 anni d’età si è laureato a differenza del 32,5% degli altri paesi della UE. Bassa l’incidenza delle lauree in discipline scientifiche o Stem: solo il 15,5 per mille, un numero inferiore a Francia (26,6 per mille), Regno Unito (25,2 per mille) e Spagna (21,5 per mille).

L’apprendimento e le prove Invalsi

E a dire che gli studenti italiani hanno ancora tanta strada da fare per recuperare il gap sono anche le prove Invalsi (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e Formazione, ente che valuta la qualità della scuola italiana) di quest’anno, che hanno emesso un duro verdetto: alle medie le prove di italiano (il 39% non ha raggiunto il livello minimo) e matematica (il 44% non ha raggiunto il livello minimo) non raggiungono il rendimento medio nazionale.

Si salvano gli studenti delle scuole primarie, ma al Sud è davvero emergenza formazione in tutti gli ambiti scolastici. I dati sono nettamente peggiorati rispetto alle prove Invalsi del 2019 (nel 2020 non si sono svolte causa pandemia), facendo emergere anche le difficoltà degli studenti provenienti da famiglie svantaggiate.

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Le carenze delle superiori

Non va meglio alle superiori, gli studenti sono risultati al di sotto delle competenze in italiano (il 44% non ha raggiunto il livello minimo, nel 2019 la quota era ferma al 35%), matematica (il 51% non ha raggiunto il livello minimo) e inglese. Due anni di pandemia e di scuola a singhiozzo hanno contribuito a un disastroso crollo dell’apprendimento. Inoltre, c’è un altro dato preoccupante: la dispersione scolastica implicita (chi termina la scuola senza competenze), passata dal 7% al 9,5% in tutta Italia, ma con picchi troppo alti al Sud (Calabria 22,4%; Campania 20,1%; Sicilia 16,5%). A questi numeri vanno aggiunti anche quelli che riguardano l’abbandonano della scuola in modo esplicito, ovvero prima di raggiungere il diploma.

Ma non sarà solo il ritorno a scuola, con la speranza di ridurre la dad, a cambiare le competenze degli studenti italiani. Serve un cambio di rotta del mondo dell’istruzione, considerando soprattutto che dopo la maturità in molti vogliono entrare nel mondo del lavoro, che oggi richiede formazione specifica e molto avanzata.

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