Il futuro del lavoro tra modello ibrido e esplosione degli “overemployed”

Articolo redatto da Osservatorio FondItalia
Maggiore produttività, lavoratori più felici e minori emissioni. Sono solo alcuni dei benefici del grande esperimento del lavoro da casa che l’umanità ha sperimentato dall’inizio della pandemia.
“Con i lavoratori bloccati a casa, che appaiono nei riquadri delle videochiamate tutti uguali e che non possono leccare i piedi ai capi in ufficio, avevamo creduto che la pandemia sarebbe stata la grande livellatrice”, ha scritto il “The Economist”.
Tuttavia, il modello del lavoro agile sembra aver già creato delle storture e si cerca un nuovo equilibrio intorno al concetto di lavoro ibrido.
“Prima della pandemia il 5% del lavoro in America lavorava in remoto e il 27% dei datori di lavoro offriva orari flessibili; oggi i numeri sono rispettivamente il 40% e l’88%”, riporta il magazine inglese. Questo aumento ha però creato alcuni problemi.
I PROBLEMI
Il primo problema è che i lavoratori hanno preferenze diverse sul lavoro in ufficio e queste differenze non sono distribuite in modo casuale. Potendo scegliere, le donne, le minoranze e i genitori con figli piccoli passano meno tempo in ufficio. Ma pagano un prezzo per questo, perdendo aumenti di stipendio e promozioni, perché i datori di lavoro – spesso inconsciamente – valutano la presenza fisica come elemento premiante.
Le donne e le minoranze sono anche più propense a licenziarsi se un datore di lavoro insiste sul lavoro a tempo pieno in presenza. Potrebbe quindi emergere una forza lavoro a due livelli, con un gruppo “dentro l’ufficio” altamente premiato e un gruppo “fuori” meno premiato.
Per evitare questa spaccatura, i datori di lavoro devono progettare il posto di lavoro. L’equità, infatti, si realizza solo attraverso la progettazione.
LA PROGETTAZIONE
In primo luogo, i capi dovranno definire se vogliono equità procedurale (stesse regole per tutti) o equità nei risultati (nessun gruppo svantaggiato come risultato di una politica).
Poi, i datori di lavoro dovranno essere onesti con se stessi su quando la presenza fisica aggiunge un valore reale. Bisogna confrontare la vicinanza fisica con la produttività e premiare i lavoratori di conseguenza.
Ancora più importante è essere chiari con i lavoratori. Apple è stata rimproverata per aver preteso che i lavoratori tornassero in ufficio tre giorni alla settimana, ma almeno le sue regole erano chiare.
Molti datori di lavoro dicono che i lavoratori possono lavorare in modo flessibile, ma lasciano loro il compito di decifrare le regole non scritte. Tali promesse sono comprensibili nel mercato del lavoro di oggi, ma sono vuote senza chiarezza.
Le aziende che promettono di non penalizzare i lavoratori a distanza devono garantire che questi lavoratori abbiano accesso alle stesse risorse di tutti gli altri. Questo significa anche investire in processi equi.
Il Covid-19 non ha spazzato via i pregiudizi sulle persone che lavorano da casa e il design del posto di lavoro che aggira tali pregiudizi sarà ancora più importante di prima.
Le decisioni sulla retribuzione e la promozione devono essere prese in modo chiaro e misurabile.
Le aziende che apprezzano la presenza dovrebbero prendere in considerazione la possibilità di fissare dei giorni “dentro l’ufficio” per assicurare che nessuno venga lasciato indietro.
I RISCHI
I datori di lavoro che richiedono un ritorno al lavoro a tempo pieno perderanno talenti e probabilmente diventeranno meno diversificati.
Un sondaggio di WFH Research ha scoperto che il 39% degli uomini bianchi erano a rischio di licenziamento in tali circostanze, ma il 47% dei lavoratori non bianchi e il 48% delle donne hanno detto che si sarebbero dimessi o avrebbero iniziato a cercare un nuovo lavoro. Le madri erano due volte e mezzo più propense dei padri a dire che si sarebbero licenziate.
Il rischio di fuga di un uomo è l’opportunità di un altro. Ora che molti lavori possono essere svolti in modo flessibile, o completamente a distanza, i datori di lavoro possono reclutare da un bacino più ampio. Uno studio ha scoperto che offrire la flessibilità in un annuncio di lavoro ha aumentato le candidature fino al 30%.
LA TECNOLOGIA
La tecnologia ha certamente ridotto il costo del lavoro a distanza e con questo parte dello stigma. Ma la “Zoomocrazia“, dove tutte le voci sarebbero ascoltate allo stesso modo, è utopia.
Un terzo delle donne intervistate che lavorano nel settore tecnologico ha detto di essere stato interrotto o ignorato più spesso nelle riunioni virtuali che di persona.
Gli uomini hanno quasi il doppio delle probabilità delle donne di dire che lavorare da casa ha influenzato positivamente la loro carriera. Le donne sono più propense a dire che si sentono esaurite.
LE SFIDE PRESENTATE DAGLI OVEREMPLOYED
Con la pandemia è esploso anche un nuovo fenomeno, che accresce la reticenza di molte persone a ritornare in ufficio. Si tratta degli overemployed: lavoratori che, grazie alla tecnologia e alla modalità di collegamento da remoto, pur essendo dipendenti di un’azienda, possono aggiungere ulteriori collaborazioni.
Negli Stati Uniti è nato persino un sito web: www.overemployed.com il cui significativo slogan è Work Two Remote Jobs, Reach Financial Freedom. Un articolo di Forbes, dedicato a questa nuova tendenza, ha ironicamente sottolineato che si tratta di “due lavori allo stesso tempo, senza che entrambe le aziende lo sappiano” (The Remote Trend Of Working. Two Jobs At The Same Time Without Both Companies Knowing, “Forbes”, 16 agosto 2021).
Sempre negli stessi giorni, il “The Wall Street Journal” parlava di un “segreto” che spinge molti lavoratori a preferire il lavoro da remoto (These People Who Work From Home Have a Secret: They Have Two Jobs, The Wall Street Journal, 13 agosto 2021). L’articolo aggiungeva che, come nel film Fight Club, la prima regola di un overemployed è non rivelare a nessuno il proprio segreto di “bigamia” professionale. Mentre la seconda è “di non svolgere troppo lavoro” con nessuna delle due aziende, in modo da non abituare a standard produttivi così alti da rendere impossibile la doppia collaborazione.
Gli articoli presentano un interrogativo centrale nella nuova organizzazione del lavoro ibrida: come controllare I propri dipendenti da remoto, dal momento che si possono utilizzare più dispositivi per svolgere, al tempo stesso, più lavori.
Ma il fenomeno degli overemployed – o “double-jobsters” (attendiamo la versione italica del fenomeno con relativa denominazione) – pone anche altre sfide centrali per il futuro del lavoro.
Il primo è il riflesso sui tassi di disoccupazione. L’attenzione è generalmente concentrata sulla crescente possibilità di automatizzare i processi produttivi sostituendo i lavoratori. Ma ad accrescere il tasso di disoccupazione, e probabilmente a ridurre i salari, sarà anche la presenza di coloro che sommeranno più collaborazioni da remoto, accettando guadagni marginali inferiori, data la possibilità di poter contare già su uno “stipendio base”.
Infine, vi è un riflesso strettamente legato ai processi formativi. Gli “overemployed” appartengono alla categoria dei lavoratori intellettuali, che in futuro avrà la possibilità di accrescere ulteriormente la propria disponibilità economica, marcando una differenza con la categoria dei lavoratori manuali. Ciò comporterà ricadute sociali, con una sfera della povertà probabilmente destinata ad allargarsi abbracciando anche gli occupati a tempo pieno costretti a svolgere il proprio lavoro in presenza. Di conseguenza, ciò accrescerà la domanda di formazione e riqualificazione professionale “alta”; vale a dire concentrata su competenze digitali, linguistiche e, generalmente, intellettuali, che consentiranno di poter sommare più collaborazioni da remoto e più redditi.
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