Il futuro della società è “blended”

blended work

Articolo redatto da Osservatorio FondItalia

Il graduale ritorno alla normalità sta configurando un mondo del lavoro in cui si alterneranno smart-working e giorni di presenza in ufficio, secondo una modalità definita “blended work”. È quanto afferma una ricerca svolta da Valore D in collaborazione con l’Osservatorio Smart-Working del Politecnico di Milano, pubblicata nel volume Da smart a blended working: Come sarà il futuro del lavoro.

La soluzione “ibrida” è ritenuta dalla maggioranza delle imprese funzionale a coniugare da un lato le esigenze delle singole persone e della società nel suo complesso, che traggono benefici dal ricorso al lavoro da remoto, dall’altra le difficoltà che però questa modalità porta con sé, soprattutto per i manager. Secondo il 39% di questi ultimi, la distanza rende più complicato il coordinamento del gruppo di lavoro e rischia di fiaccare lo spirito di appartenenza dei lavoratori e dunque il loro impegno. Anche la metà dei dipendenti confessa il timore di un indebolimento del senso appartenenza alla cultura aziendale. Un discorso che vale soprattutto per i neoassunti.

Per questa ragione la nuova normalità sarà rappresentata dal blended working: un mix di lavoro agile da casa e di presenza, più limitate dell’epoca pre-pandemia, in ufficio. In media, il nuovo sistema si attesterà sui 2,7 giorni di lavoro da remoto a settimana. Un dato in crescita rispetto al periodo prepandemico, in cui il lavoro da remoto era limitato ad un solo giorno a settimana.

Sempre secondo quanto riportato dall’indagine, il 65% delle aziende amplierà il numero di lavoratori da remoto e il 17% delle imprese agirà modificando l’orario di lavoro.
La diffusione dello smart-working si accompagnerà ad una diffusione di nuove tecnologie, con conseguente aumento del fabbisogno formativo. Possono essere individuate quattro macrocategorie di tecnologie centrali per il lavoro agile:
1) social collaboration. Vale a dire strumenti che consentono la condivisione di informazioni e conoscenza tra colleghi, clienti e partner, quali strumenti di instant messaging, web conference e co-editing documentale;
2) accessibilità e sicurezza. Si tratta di tecnologie che permettono di accedere a un ambiente profilato che contiene applicativi, dati e informazioni in totale sicurezza, preservando l’integrità dei dati, come i cloud ad esempio.
3) mobile device;
4) workspace technology, che consentono un utilizzo più efficace e flessibile degli ambienti fisici (ad es. sistemi di room booking, smart printing, sensoristica, sistemi di soundscaping).

Secondo l’indagine, sarà importante costruire sistemi che consentano alle organizzazioni di misurare gli effetti e i benefici derivanti dall’implementazione di un progetto di smart-working. Ad esempio l’adozione di indicatori per valutare il ricorso al lavoro da remoto (numero di persone eleggibili, percentuale di iscritti rispetto al numero di persone eleggibili e numero di giornate di lavoro da remoto utilizzate), oppure per monitorare le necessità di supporto tecnologico allo smart-working (sistemi informatici disponibili o da acquisire). Saranno necessari anche parametri per calcolare le necessità di efficientamento degli spazi  (postazioni occupate sul totale delle postazioni disponibili, risparmio costi derivato dalla riduzione degli spazi fisici ecc.), per valutare la soddisfazione dei lavoratori in merito alla conciliazione tra vita privata e vita professionale, nonché per misurare l’impatto del lavoro da remoto sull’efficienza dei lavoratori.

Lo sviluppo dello smart-working, anche se in una modalità “ibrida”, renderà necessaria un’attività di formazione specifica per i manager.
A tal fine, l’indagine suggerisce di realizzare percorsi formativi che includano:

  • Un ciclo di Smart-Leadership Workshop che preveda il confronto tra i manager sui nuovi stili di leadership determinati dall’evoluzione dei modelli organizzativi;
  • Un ciclo di Results Driven Management Workshop, per favorire momenti di confronto e approfondimento sui nuovi approcci finalizzati a promuovere comportamenti orientati alla performance e alla misura dei risultati del personale in smart-working;
  • Un ciclo di Co-design Lab con l’obiettivo di definire nuove prassi lavorative.

Il lavoro “blended” rafforzerà i collegamenti tra diversi stakeholder interni ed esterni all’azienda. Come sottolinea la ricerca, sarà favorita “una nuova struttura organizzativa senza compartimenti stagni e stratificazioni piramidali”, basata “su un insieme di competenze umane e strumenti tecnologici che si integrino e completino a vicenda e sulla capacità di liberare il talento di ogni persona attraverso un lavoro per obiettivi, rispettando propensioni e diversità”.

Le sfide che si presentano sono rappresentate dall’innovazione organizzativa, da una nuova centralità delle persone nei processi produttivi e dalla riorganizzazione degli spazi, destinati ad essere sempre più interconnessi con il territorio e con i diversi stakeholder.
Si tratta di cambiamenti che non incideranno solo sulla riorganizzazione del lavoro, ma anche degli spazi aziendali, domestici e urbani, riplasmando le nostre società.

Le imprese, di fronte ad una riduzione del numero di dipendenti presenti quotidianamente in sede, ne approfitteranno per tagliare i costi fissi, riducendo la metratura dei propri uffici. Dall’indagine emerge come molte aziende che già prima della pandemia avevano adottato approcci di smart-working, oggi stiano ripensando i modelli di lavoro attraverso un più forte coinvolgimento della popolazione aziendale a tutti i livelli, per immaginare nuovi modi di lavorare più flessibili, che lascino più spazio e autonomia nella scelta del luogo e dell’orario di lavoro, rivedendo anche la configurazione degli spazi lavorativi. Sotto questo profilo, i locali destinati al lavoro di routine saranno generalmente ridotti, per favorire gli spazi destinati alla condivisione e allo scambio di idee, funzionali a stimolare la creatività dei lavoratori.
Ma riflessi si avranno anche sulle scelte abitative dei lavoratori. In ambito immobiliare, a seguito della pandemia, si è registrato un calo nella richiesta di mono e bilocali, a favore di spazi domestici più grandi e polifunzionali. Anche dal punto di vista urbanistico si possono intravedere interessanti sviluppi. In Italia il 72% degli oltre ottomila Comuni conta meno di cinquemila abitanti. La metà versa in stato di semiabbandono. Il lavoro da remoto rappresenta un’occasione di riqualificazione territoriale e di sviluppo socio-economico. L’architetto Stefano Boeri, ad esempio, è impegnato in un lavoro di mappatura dei borghi con il Politecnico di Milano e in collaborazione con il Touring Club, al fine di elaborare progetti pilota. L’obiettivo è rilanciare lo sviluppo di borghi ad una distanza di 60 km da un centro urbano, in modo da delocalizzare la vita urbana per periodi più lunghi di un weekend. Allo stesso modo, sulla scia di simili prospettive, si è cominciato ad immaginare un rilancio dell’Italia meridionale, attraverso il cosiddetto “South Working”, che ha portato anche alla nascita di una omonima associazione finalizzata a rilanciare il lavoro dal Mezzogiorno d’Italia, con l’obiettivo di ridurre l’emigrazione dal Sud e anzi tornare ad attrarre coloro che hanno abbandonato la propria terra.

Anche il turismo potrà beneficiare di questi cambiamenti.  Alcuni borghi, come Santa Fiora in provincia di Grosseto, hanno concepito progetti di “smart-working village”, al fine di attrarre lavoratori per periodo maggiori di due mesi, a fronte di un contributo pari al 50% dell’affitto.
Si tratta di un mondo nuovo a cui però tardano ad adattarsi buona parte degli operatori economici.
I dati raccolti dall’Istat in piena pandemia, pubblicati nell’indagine “Situazione e prospettive delle imprese nell’emergenza sanitaria Covid-19”, dimostravano come un’azienda su due non avesse ancora elaborato alcun piano per affrontare il futuro.  Si tratta di un’attitudine diffusa in particolare tra le piccole e medie imprese e che evidenzia sempre di più la necessità di una capillare opera di sensibilizzazione sul futuro del mondo del lavoro.

 

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