Il lavoro dopo la pandemia: senza impiego i giovani dei settori turistico e commerciale

giovani e lavoro

Un giovane su sei senza lavoro, soprattutto nel settore turistico e nelle attività commerciali. È questo uno dei dati amari che emerge dall’ultimo rapporto commissionato dall’Organizzazione internazionale del lavoro delle Nazioni Unite all’Università di Cambridge. Sono, quindi, i giovani e soprattutto persone di sesso femminile ad aver perso l’occupazione in seguito alla pandemia, perché impiegati proprio nei settori più colpiti (commercio al dettaglio, servizi, turismo). Si parla di un 40% dei giovani pari a circa 178 milioni di lavoratori. L’occupazione è diminuita di quasi il 9% nel 2020.

Leggi anche: Turismo in ripresa, ma i numeri sono ancora lontani dai tempi di pre-pandemia e alcuni servizi possono migliorare

Le ripercussioni della perdita di lavoro

La perdita di lavoro influisce non solo sull’aspetto economico ma in maniera negativa anche su benessere e salute mentale. La mancanza di un impiego e il lungo periodo passato in casa hanno aumentato ansia, stress e depressione. Ma oltre a chi ha perso il lavoro, c’è anche chi ha dovuto lavorare di meno (il 23%), con un quarto delle ore ridotte, e quindi ha ricevuto un reddito inferiore. I giovani, poi, sia per mancanza di esperienza che per una rete sociale meno forte, faticano anche a trovare un nuovo lavoro.

Leggi anche: Corporate wellness e coaching aziendale: il benessere del lavoratore al primo posto

Il divario di genere

Il quadro del mondo del lavoro pone sotto la luce dei riflettori anche un altro dato: la disparità di genere. L’occupazione femminile è scesa del 5%, mentre quella degli uomini del 3,9%. Le donne, infatti, pur portando a termine un percorso di studio più lungo rispetto agli uomini (il 60% dei giovani laureati è donna, secondo una ricerca Istat) non hanno lo stesso tasso di occupazione. Il lavoro “rosa” è inferiore a quello dei maschi e questo anche a prescindere dal titolo di studio: a parità di licenza, di diploma o di laurea, gli uomini occupati sono sempre più delle donne. 

Il percorso di studio

La motivazione risiede in parte nella scelta del percorso di studio: gli uomini, infatti, tendono a preferire i campi scientifici e informatici, che sono anche quelli più richiesti dal mercato del lavoro. Competenze che invece attirano di meno le donne tra i 25 e i 34 anni, che scelgono percorsi di studi più lunghi (laurea o post laurea): il 60% (oltre un milione) dei laureati è donna. Gli uomini della stessa fascia di età si fermano, generalmente, a titoli di studi più bassi: il 58% ha solo la licenza elementare; il 56% ha la licenza media; il 60% la qualifica professionale e il 54% la maturità. Solo il 40% raggiunge la laurea.

Ma le donne, pur con una laurea, hanno un tasso di occupazione sempre inferiore a quello degli uomini: 65% contro 69%, divario che aumenta con gli altri titoli di studio: diploma 51% contro 72%, licenzia media 32% contro 65%, licenza elementare 12% contro 50%. Le donne pur investendo di più nella formazione, non ottengono un tasso di occupazione pari a quello degli uomini, il divario diminuisce ma non viene colmato e a incidere potrebbe essere proprio il ramo preferito negli studi: quello tecnico/scientifico ripagherebbe di più.

Leggi anche: PPNR e GOL, i fondi interprofessionali possono svolgere un ruolo centrale nella ricollocazione dei lavoratori