In crisi il lavoro autonomo e quello indeterminato: in Italia solo contratti a termine e part time

Crescono solo i contratti a termine e nei primi sei mesi del 2021 quelli part-time (quasi il 36% di tutti i contratti del periodo in esame, ovvero un terzo), per cui si arriva a fatica a fine mese perché si allarga la platea dei “working poor” e di coloro che hanno un lavoro discontinuo. Questi i dati che emergono dall’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp), che evidenziano una ripresa lenta e a tempo parziale. Salari bassi, poco potere di acquisto e con le donne sempre in condizione sfavorevole rispetto agli uomini (quasi il 50% delle assunzioni part time per le donne, contro il 26,6% per gli uomini) quando si tratta di trovare un impiego. Inoltre, la richiesta del part time non è quasi mai una scelta del lavoratore, ma dell’azienda. Ma la crisi coinvolge anche i giovani e il sud Italia, e poi anche i lavoratori autonomi.

Situazione peggiore per i giovani del Sud

La situazione non migliora se si prendono in esame le regioni del sud Italia e i giovani, soprattutto quelli residenti nelle regioni Calabria, Sicilia e Molise. Qui i contratti attivati sono meno rispetto al nord Italia, ma aumenta anche l’incidenza del part time (oltre il 70%). Quindi, nonostante incentivi e contributi, la situazione lavorativa in Italia non migliora e a rischio ci sono produttività e competitività. Si dovrebbe puntare invece a una stabilità lavorativa, contrattuale ed economica.

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Lavoro autonomo

In questa crisi sono coinvolti anche i lavoratori autonomi (-28mila unità nei soli mesi di agosto e settembre, oltre 150mila in un anno da settembre 2020 a settembre 2021), costretti a fare tanti lavoretti e ad abbassare il loro onorario per poter competere sul mercato (nel 48% dei casi il reddito è inferiore ai 20mila euro annui). Ma ne escono con le tasche vuote e con il valore della professionalità distrutto, creando anche una crisi sul mercato.

Il lavoro dipendente è cresciuto di 422 mila unità, di cui 69mila a tempo indeterminato e 353 mila a termine. L’apertura di nuove partite Iva è scesa di 15 punti nel 2020 rispetto al 2019; la pandemia poi ha accentuato le chiusure anche se mancano dati effettivi. Occorre, in questo contesto, favorire il reinserimento nel mondo del lavoro e l’unica strada percorribile è quella della formazione e dell’aggiornamento professionale, oltre alla garanzia di un salario minimo. L’obiettivo è quello di raggiungere un lavoro autonomo competitivo e remunerativo, organizzato e competente.

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