Lavoro: i settori che stentano a ripartire dopo la pandemia

La pandemia da Coronavirus, che nei mesi scorsi ha colpito l’Italia e il mondo intero e che ancora frena una ripartenza vera e propria, ha lasciato strascichi nel mondo del lavoro. L’economia e l’occupazione stentano infatti a ripartire, con alcuni settori in evidente affanno, a volte legati l’uno all’altro: si va dal turismo alla ristorazione, dal traffico aereo all’intrattenimento. I più danneggiati da questa situazione sono i lavoratori stagionali e i precari, in particolare donne e giovani.
I settori in crisi
Il turismo e i suoi mondi paralleli
L’assenza di turisti nel nostro paese ha inciso in questi mesi sia sulla spesa (-25%) che sull’occupazione: si è registrato -54% di presenze dei vacanzieri a giugno, un -23% di presenze dei vacanzieri a luglio e -11% ad agosto, considerando che solo un’altra piccola parte ha scelto settembre. Un’assenza degli italiani, schiacciati da difficoltà economiche e dalla paura dei contagi, ma anche e soprattutto degli stranieri.
Mentre, però, le località di mare e montagna e i piccoli borghi sono in qualche modo riusciti a superare il periodo più critico, le città d’arte sono quelle che hanno risentito maggiormente della situazione post lockdown.
Tra i settori che hanno accusato il colpo a livello occupazionale per la mancanza di turisti ci sono anche la ristorazione, i bar e gli agriturismi. In generale i dati dell’Istat di luglio parlano di un calo di 556mila occupati rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. Molti locali comunque risentono anche della mancanza di lavoratori nelle sedi aziendali (in tanti ancora in smartworking), e che in pausa pranzo affollavano bar e tavole calde. L’assenza di turisti, infine, pesa anche sul traffico aereo (-35% rispetto al momento pre-Covid).
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Il mondo dell’intrattenimento e dell’automobile
Tra gli altri settori in segno negativo anche l’intrattenimento, con il cinema che è arrivato a toccare -98% di introiti e molti teatri che non hanno ancora riaperto. Due settori che faticano a crescere nei numeri e in questo caso vengono penalizzati gli operatori dello spettacolo, coloro che spesso lavorano dietro le quinte e che si trovano in una evidente crisi economica. Del tutto ferma o quasi anche la macchina dei concerti e dei grandi spettacoli, produzioni costose che con un numero ridotto di spettatori non riescono a ripartire per mancanza di introiti.
E se gli italiani rinunciano al divertimento, è chiaro quindi il segnale che non si potrà investire in spese magari importanti ma che impatterebbero troppo sui bilanci familiari, come l’acquisto dell’automobile. Le nuove immatricolazioni a luglio hanno fatto registrare un -11%, da valutare nei prossimi mesi se gli incentivi messi in campo dal Governo riusciranno a far invertire la rotta di uno settori trainanti per l’economia del nostro paese. La fotografia della situazione in Italia di questi mesi viene ben evidenziata dai grafici di Lab24 del Sole 24Ore.
I dati sul lavoro
In fatto di occupazione, i lavoratori che hanno subito di più la crisi sono quelli impiegati con contratti stagionali, precari e autonomi, non tutelati quindi da un contratto a tempo indeterminato. Inoltre lo studio sull’occupazione dei giovani e delle donne mostrano un forte calo nelle assunzioni, una frenata che va in parallelo con la crescita delle domande di disoccupazione. I dati dell’Inps indicano a fine maggio 750mila occupati in meno rispetto allo stesso mese del 2019, e più di mezzo milione di precari fuori dal mercato di lavoro. Questo fa comprendere come i mesi di lockdown abbiamo inciso, facendo registrare un -17% dell’attività economica.
Una situazione arginata solo in parte dal blocco dei licenziamenti e dalla cassa integrazione a cui molte aziende hanno fatto ricorso. Queste soluzioni, infatti, hanno portato a penalizzare i lavoratori precari o autonomi, che spesso sono proprio i più giovani. Inoltre la grave crisi che ha colpito alcuni settori specifici ha influito sui numeri, perché è proprio in quegli ambiti che sono impiegati donne e ragazzi con contratti stagionali. Il contesto ha favorito così i lavoratori più “anziani” e con contratti a tempo indeterminato e quindi non licenziabili ma nemmeno in età da pensione. I numeri più recenti mostrano un lieve rialzo rispetto ai mesi del lockdown, ma siamo ancora lontani dalla normalità o da un periodo di ripresa totale.
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