L’intelligenza artificiale può sostituire il pensiero umano?

Il timore della sostituzione di lavoratori umani con macchina guidate dall’intelligenza artificiale (IA) sta animando il mondo del lavoro. Differentemente da quanto accaduto in passato, l’IA propone un’idea secondo cui tutte le attività umane possono essere progressivamente assorbite dalle macchine. Non si tratta esclusivamente di attività manuali, come accadeva in passato, ma anche di attività intellettuali.
Affinché tale prospettiva sia realizzabile, è però necessario che l’intelligenza artificiale non sia solo in grado di svolgere attività finora affidate all’intelletto umano, ma che le svolga soddisfacendo le attese dell’uomo. È un risultato che implica la capacità dell’intelligenza artificiale di sostituirsi al pensiero umano. Ma è possibile?

Al tema è dedicato il volume Pensiero umano e intelligenza artificiale. Rischi, opportunità e trasformazioni sociali (L’Asino d’Oro, 2023) a cura di Andrea Ventura, già ricercatore presso l’Università di Firenze, che raccoglie contributi interdisciplinari, presentandoci uno spettro di riflessioni che vanno oltre l’economia, spaziando dalla medicina alla psichiatria, fino all’arte.

L’intelligenza artificiale non potrà mai sostituire l’intelligenza umana

Il volume muove da due interrogativi. Il primo verte su cosa sia l’intelligenza umana e in cosa si distingua dall’intelligenza artificiale. Il secondo, su quale benessere umano vada perseguito oltre la soddisfazione dei bisogni materiali.

Gli autori dei saggi raccolti nel volume condividono la visione antropologica legata alla teoria della nascita di Massimo Fagioli, in cui pensiero e corpo si fondono influenzandosi reciprocamente.
Da questo punto di vista, l’IA, non avendo corpo, non potrebbe mai sostituire il pensiero umano. Come sottolinea la psicologa e psicoterapeuta Dori Montanaro, l’idea secondo cui il pensiero umano sarebbe riproducibile dalle macchine risiede nel mancato riconoscimento dell’importanza degli affetti e delle dimensioni non razionali che sono legate anche alla dimensione corporea dell’uomo. In questo senso, l’idea della sostituzione del pensiero umano con l’intelligenza artificiale affonderebbe le sue radici lontano nel tempo, nella filosofia di Aristotele, San Tommaso, Cartesio, Kant ed Hegel, i quali hanno proposto «un’idea di essere umano aggrappato alla dimensione razionale e cosciente come unico mezzo per salvarsi dalle tenebre». Ma come è ben noto soprattutto a chi si occupa di marketing, non è così. L’uomo non è un essere perfettamente razionale. 

Inoltre, la stessa teoria della nascita propone un’idea del benessere umano che è legata anche alla dimensione culturale, alla conoscenza e alla qualità dei rapporti interpersonali. Aspetti che necessariamente sfuggono all’intelligenza artificiale.


Il coinvolgimento umano sarà sempre necessario

Le differenze tra pensiero umano e IA sono ben evidenziate nei saggi di Alessio Ancillai (“Naturalmente l’arte vien da dentro”) e Luca Guiducci (“Musica artificiale”), che si chiedono se l’intelligenza artificiale sia in grado di produrre arte. 

Qui i due sistemi di pensiero divergono radicalmente. Il computer, nell’eseguire la sua opera, segue le regole. L’artista umano, invece, cerca di infrangerle, aspirando ad una produzione originale, mai vista prima.

Luca Guiducci ci riporta inoltre allo stretto legame esistente nell’uomo tra pensiero e corpo, ricordandoci come la musica «sia sempre figlia di un contesto culturale, di un corpo che ha una storia personale». Se per l’uomo la musica rappresenta una modalità per esprimere il senso pieno di una vita, per l’intelligenza artificiale essa costituisce una mera successione di cifre sonore. L’intelligenza artificiale, di fronte alla musica, sarebbe dunque «come un lettore che legge una poesia senza comprenderne il senso».

Queste riflessioni celano un aspetto di particolare interesse per il mondo del lavoro. Lo stesso Guiducci evidenzia come l’algoritmo non sia in grado di produrre musica autonomamente. Senza l’intervento umano, le sue soluzioni compositive apparirebbero “scriteriate”. Ecco dunque che la collaborazione tra uomo e macchina è una via obbligata. Non vi può essere sostituzione, poiché «l’IA ha bisogno di una mole immensa di lavoro umano, lavoro che è occultato dall’ideologia luccicante delle macchine che sostituiscono gli uomini».

Il contributo dell’IA sembrerebbe essere più efficace nell’ambito medico, grazie alla capacità di utilizzo dei big data, al fine di individuare in tempi estremamente ridotti nuove strategie di cura. Tuttavia, in questo settore si nascondono degli interrogativi etici e perfino legali, che vanno dalla tutela della privacy, alla possibilità di attuare delle strategie di cura che potrebbero risultare incomprensibili per il medico e, di conseguenza, per il paziente, a causa dell’enorme numero di parametri e interazioni prese in considerazione dalla macchina. In caso di errore, di chi sarebbe la responsabilità morale e legale?  È un interrogativo che conferma la necessità di una “collaborazione” tra l’operatore umano e l’IA, escludendo una sostituzione del primo a favore del secondo.

L’IA rappresenta una sfida alla democrazia

La sfida presentata dall’intelligenza artificiale non si profila solo nel mondo del lavoro. È anche la dimensione politica ad essere fortemente interessata.

A tal proposito. il volume evidenzia alcuni aspetti. L’asimmetria nel rapporto tra uomo e algoritmi. Loro (gli algoritmi), sanno tutti di noi, mentre noi nulla di loro. E gli algoritmi sanno tutto di noi con il fine di individuare cosa ci è più gradito per influenzare il nostro comportamento e le nostre scelte.

Si tratta di una constatazione che assume particolare rilevanza nel momento in cui gli autori ci ricordano come la ricerca sull’intelligenza artificiale sia appannaggio di poche grandi imprese. È solo una ristretta oligarchia a detenere il controllo di queste tecniche e delle relative infrastrutture, che però sono adottate da tutti. Così facendo, la società «cede un potere immenso e purtroppo ancora nascosto alla consapevolezza collettiva».

D’altronde l’attuale fase di sviluppo economico è basata sulla centralità delle informazioni. E le informazioni, nel mare magnum di internet, possono essere manipolate, alimentando false notizie “rimasticate” e rielaborate dai sistemi di intelligenza artificiale con l’obiettivo di consolidare il potere di ristretti gruppi di interesse politici ed economici. Quale intelligenza umana sarebbe poi in grado di distinguere i dati corretti dai “falsi dati” nell’universo sterminato della rete?

La posta in gioco, di fronte allo sviluppo dell’intelligenza artificiale, si allarga così al futuro della democrazia e alla libertà dell’uomo.