Rapporto OCSE sull’Intelligenza Artificiale: le nuove competenze richieste ai lavoratori e il ruolo delle parti sociali

Gli effetti dell’introduzione dell’intelligenza artificiale (IA) sul mercato del lavoro non sono ancora evidenti, nonostante le preoccupazioni suscitate dal suo sviluppo.
L’impatto sui livelli occupazionali è stato finora limitato. Del resto, l’adozione dell’IA è generalmente concentrata nelle grandi aziende e sta avvenendo in forma ancora sperimentale. Inoltre, le prime aziende ad utilizzarla appaiono riluttanti a ridurre il personale, preferendo adeguare la forza lavoro attraverso assunzioni rallentate, dimissioni volontarie e pensionamenti. Alcune di esse riferiscono che, di fronte all’invecchiamento della popolazione e alla carenza di manodopera, l’intelligenza artificiale potrebbe contribuire ad alleviare alcune esigenze di competenze non soddisfatte dai lavoratori.
Per il momento, dunque, più che sostituire i lavoratori, l’IA ne sta modificando l’attività, con riflessi sul fabbisogno formativo.
Sono questi i risultati della prima indagine transnazionale realizzata dall’OCSE nell’ambito del programma di ricerca “Lavoro, Innovazione, Produttività e Competenze” e riportate nel rapporto “Prospettive occupazionali 2023. L’Intelligenza artificiale e il mercato del lavoro”.
L’indagine è stata svolta nel 2022 su 2.000 imprese e 5300 lavoratori dei settori manifatturiero e finanziario all’interno di sette Paesi (Austria, Canada, Francia, Germania, Irlanda, Regno Unito e Stati Uniti d’America).

L’Intelligenza artificiale sta migliorando il lavoro umano

Nonostante il 60% dei lavoratori tema di perdere il proprio impiego in conseguenza dell’introduzione dell’IA, l’indagine dimostra un impatto positivo di questa nuova tecnologia sulla qualità del lavoro. Quasi due terzi (63%) degli intervistati ha riferito che l’intelligenza artificiale ha migliorato il benessere sul luogo di lavoro: automatizzando compiti pericolosi o noiosi, permette di concentrarsi su quelli più complessi e gratificanti. In uno dei casi di studio condotti, un’azienda aerospaziale ha introdotto uno strumento di ispezione visiva guidato dall’intelligenza artificiale per controllare le pale delle turbine di nuova produzione per i motori a reazione. La tecnologia ha avuto un impatto positivo sull’ambiente di lavoro degli ispettori che, prima dell’introduzione dell’IA, sedevano in una stanza buia per lunghi periodi ispezionando le lame attraverso un oculare ingranditore.

I lavoratori sono divisi circa l’impatto dell’IA sul lavoro

Fonte: OECD Employment Outlook 2023. Artificial Intelligence and the Labour Market

 

L’indagine rileva tuttavia diverse preoccupazioni. In primo luogo l’intensificazione dei ritmi di lavoro, determinata dall’accelerazione dello scambio di informazioni e dati. Inoltre, l’uso dell’intelligenza artificiale presenta sfide etiche in materia di protezione di dati e privacy, gestione dei processi decisionali, responsabilità e trasparenza. Nel corso dell’indagine, il 57% dei lavoratori intervistati ha espresso preoccupazione per la raccolta dati effettuata dall’IA, che investe loro stessi come persone.  


La preoccupazione dei lavoratori in merito alla loro privacy

Fonte: OECD Employment Outlook 2023. Artificial Intelligence and the Labour Market

 

L’IA non sta avendo effetti sui livelli occupazionali, ma sulle competenze e le remunerazioni dei lavoratori

Il rapporto dell’Ocse si ricollega a molteplici studi i quali dimostrano che gli effetti dell’intelligenza artificiale sui livelli occupazioni, finora, non siano stati significativi. A queste conclusioni giungono, ad esempio, Felten, Raj e Seamans nello studio The Occupational Impact of Artificial Intelligence on Labor: The Role of Complementary Skills and Technologies (2019) e Georgieff e Hyee in Artificial intelligence and employment: New cross-country evidence (2021). 
Anche indagini specifiche condotte presso le imprese riportano le stesse conclusioni.
Un sondaggio condotto su 759 manager di aziende nel Regno Unito da parte di Hunt, Sarkar e Warhurst, i cui risultati sono contenuti nella pubblicazione Measuring the impact of AI on jobs at the organization level: Lessons from a survey of UK business leaders (2022) rileva come l’intelligenza artificiale stia accrescendo il fatturato, ma non stia determinando significativi cambiamenti occupazionali rispetto alle imprese che non la adottano.
Risultati analoghi sono riportati da un’indagine condotta da Lane, Williams e Broecke, intitolata The impact of AI on the workplace: Main findings from the OECD AI surveys of employers and workers (2023).
A conclusioni diverse giungono invece indagini condotte su settori molto specifici, come gli analisti finanziari. In questo caso, dimostra lo studio di Grennan e Michaely Artificial Intelligence and High-Skilled Work: Evidence from Analysts (2020), l’intelligenza artificiale ha già iniziato a sostituire gli operatori umani, per la sua maggiore capacità di analisi dei dati.
Un impatto significativo si sta registrando sulle competenze richieste ai lavoratori. Le aziende più esposte all’intelligenza artificiale tendono ad assumere meno lavoratori sprovvisti di competenze in questo ambito e più lavoratori con conoscenza dei meccanismi di funzionamento dell’IA. Si tratta di un aspetto evidenziato anche da un’indagine pubblicata nel 2022 da Acemoglu e intitolata Artificial Intelligence and Jobs: Evidence from Online Vacancies. Negli Stati Uniti, tra il 2010 e il 2019, la domanda di competenze specializzate in IA nelle offerte di lavoro online è aumentata di quattro volte ed è ulteriormente accelerata negli ultimi tre anni.
I lavoratori con competenze più elevate, oltre a conservare maggiori opportunità di occupazione, riescono ad ottenere anche maggiori guadagni, proprio per la loro capacità di sfruttare le potenzialità dell’IA, come dimostrano diversi studi, tra cui quello condotto da Fossen e Sorgner New Digital Technologies and Heterogeneous Employment and Wage Dynamics in the United States: Evidence from Individual-Level Data (2022).

Le nuove competenze richieste ai lavoratori

L’adozione dell’intelligenza artificiale avrà un profondo impatto sul mercato del lavoro, non solo in termini di livelli occupazionali e qualità del lavoro, ma anche sul modo in cui esso è organizzato, sul tipo di compiti svolti dai lavoratori, e quindi sul livello di produttività. Inevitabilmente, cambieranno le competenze richieste ai lavoratori.
Sono essenzialmente due le ragioni per cui l’IA avrà un impatto significativo sotto questo aspetto.  Da un lato, essa può  replicare abilità cognitive e manuali che non saranno più richieste ai lavoratori. D’altro canto, aumenterà la domanda di competenze necessarie per sviluppare e utilizzare l’intelligenza artificiale.
L’adozione dell’IA in azienda richiede competenze specializzate, capaci di muoversi all’intersezione tra programmazione informatica, gestione di database e statistica. Negli annunci di lavoro online troviamo, ad esempio, la richiesta di linguaggi di programmazione come Python, la capacità di lavorare e gestire big data e competenze nell’analisi e la visualizzazione dei dati, oltre a conoscenze più specifiche di alcuni modelli (ad es. “alberi decisionali”, “deep learning”, “rete neurale”, “foresta casuale”, ecc.), strumenti (ad es. “tensorflow”, “pytorch”, ecc.) e software (“java”, “gradle”, “galaxy cluster”).
Oltre a conoscenze specializzate, sono richieste anche competenze cognitive di alto livello, compresa la capacità di risoluzione creativa dei problemi, e competenze trasversali quali comunicazione, lavoro di squadra, capacità di collaborazione, negoziazione e presentazione, nonché  capacità gestionali e di leadership.
Per i lavoratori già impiegati in azienda, non specializzati in IA, l’implementazione di questa nuova tecnologia è associata alla richiesta di competenze digitali, analitiche e trasversali. Competenze digitali generali e conoscenze elementari dell’intelligenza artificiale sono necessarie, il più delle volte, a livello base (ad esempio la capacità di utilizzare un computer o uno smartphone). Ma vi sono competenze analitiche e trasversali che stanno diventando più importanti per diversi motivi. In primo luogo, l’automazione di compiti semplici offre ai lavoratori una quota maggiore di compiti complessi, che richiedono capacità analitiche più elevate, ma anche conoscenze specialistiche e la capacità di comprensione e applicazione di nuove idee.
In secondo luogo, l’automazione delle attività spesso porta i lavoratori ad assumersi una quota maggiore di compiti che richiedono competenze trasversali e capacità interpersonali. Emergono nuove esigenze anche per i lavoratori che vengono ridistribuiti in altri reparti della stessa azienda. Generalmente, l’intelligenza artificiale aumenta l’importanza di competenze come creatività e comunicazione.
L’adozione dell’IA determinerà anche la nascita di nuove figure professionali. Wilson, Daugherty e Morini-Bianzino nel loro studio The Jobs That Artificial Intelligence Will Create, già nel 2017 individuavano tre nuove categorie di lavoratori.
La prima composta da “formatori” di modelli di Machine Learning per insegnare ai sistemi di intelligenza artificiale come dovrebbero funzionare. Questi ruoli solitamente coinvolgono competenze tecniche e di data science, ma non solo. Ad esempio i chatbot devono essere addestrati a comunicare con gli esseri umani utilizzando un linguaggio compassionevole e comprensivo, fino a comprendere l’umorismo e le sottigliezze del linguaggio. Ciò richiede un addestramento comportamentale dell’algoritmo e quindi abilità interpersonali per il “formatore”.
La seconda categoria di nuovi lavori potrebbe includere i “divulgatori” di sistemi di intelligenza artificiale, che chiariscano il funzionamento degli algoritmi e i diversi tipi di risultati che possono generare. Questi posti di lavoro potrebbero diventare cruciali alla luce delle azioni di trasparenza intraprese da molti governi. Si tratta di lavori che richiederanno una buona conoscenza dell’intelligenza artificiale, ma anche capacità di comunicazione e divulgazione di informazioni tecniche a un pubblico non specializzato.
L’ultima categoria è quella dei “sostenitori”, o “vigilanti”, incaricati di controllare che i sistemi di intelligenza artificiale funzionino come previsto, rilevando pregiudizi, falsità ed errori, al fine di garantire che le conseguenze indesiderate siano affrontate in modo tempestivo.

L’importanza della formazione

Il Rapporto dell’OCSE sottolinea come l’acquisizione di competenze specializzate in IA richieda sia una formazione accademica avanzata, sia una sostanziale esperienza pratica, attraverso  forme di apprendistato o apprendimento informale (ad esempio prendere parte ad un gruppo di ricerca o al processo di sviluppo dell’intelligenza artificiale all’interno di un’azienda).
È dunque cruciale offrire una “alfabetizzazione AI”, vale a dire “un insieme di competenze che consenta agli individui di valutare criticamente le tecnologie di intelligenza artificiale, comunicare e collaborare in modo efficace con l’intelligenza artificiale e utilizzare l’intelligenza artificiale come strumento online, a casa e sul posto di lavoro”.
Non si tratta dunque di competenze necessarie per sviluppare modelli IA, ma atte a comprendere, utilizzare, monitorare e riflettere criticamente sulle sue applicazioni.
Secondo il rapporto dell’OCSE, la struttura dei corsi di alfabetizzazione sull’intelligenza artificiale dovrebbe prevedere  una o più unità iniziali volte a fornire una prima comprensione di cosa sia l’intelligenza artificiale, come nasca, cosa possa fare e cosa non possa fare. Un approfondimento dovrebbe essere dedicato  all’apprendimento automatico e al deep learning, poiché costituiscono la base per la maggior parte delle applicazioni. Infine, alcuni moduli potrebbero trattare questioni etiche connesse all’adozione dell’IA.
Il Rapporto invita a bilanciare bene i corsi di formazione. Particolare attenzione dovrebbe essere rivolta ai lavoratori più anziani e a coloro in possesso di titoli di studio inferiori, senza però dimenticare che i lavoratori più esposti all’utilizzo dell’IA sono quelli impiegati nelle professioni altamente qualificate e che il successo di un’azienda dipende anche dalla familiarità che gli stessi imprenditori e manager hanno con le nuove soluzioni tecnologiche a disposizione.
Specifiche azioni dovrebbero essere rivolte alle parti sociali, al fine di assicurarsi che abbiano gli strumenti necessari per poter accompagnare lavoratori e aziende in questa transizione tecnologica.
Il Rapporto dell’OCSE ritiene fondamentale il coinvolgimento dei sindacati al fine di identificare il fabbisogno di competenze e promuovere l’accesso dei lavoratori alle attività formative. Le imprese, dal canto loro, evidenziano una preferenza nella riqualificazione dei dipendenti, piuttosto che il licenziamento e l’assunzione di nuovi lavoratori.
Riprendendo i dati di un’indagine pubblicata sempre dall’OCSE nel 2022, di questa opinione erano il 64% delle imprese intervistate appartenenti al settore della finanza e il 71% delle imprese intervistate appartenenti al settore della manifattura. 

Grafico. I datori di lavoro preferiscono riqualificare i propri dipendenti piuttosto che assumere nuovi lavoratori. Settori Finanza e manifattura  

 

Fonte: OECD employer survey on the impact of AI on the workplace (2022).


La centralità delle parti sociali

L’intelligenza artificiale comporterà benefici, ma anche rischi per lavoratori e datori di lavoro. Il rapporto tra costi e benefici dipenderà da come sarà regolamentata e, conseguentemente, impiegata l’IA sui luoghi di lavoro. In questo contesto, come sottolinea il Rapporto dell’OCSE, diviene centrale il dialogo con le parti sociali.
I questionari sottoposti alle parti sociali evidenziano come le principali preoccupazioni riguardino l’utilizzo affidabile dell’IA, il cambiamento nel fabbisogno di competenze e i rischi per la salute fisica e mentale sul luogo di lavoro. Tuttavia, se i sindacati richiamano l’attenzione in particolare sulle questioni etiche, le organizzazioni datoriali sono più attente ad individuare le nuove competenze richieste ai lavoratori.  

Rischi e benefici evidenziati dalle parti sociali per l’utilizzo dell’IA sui luoghi di lavoro

Fonte: OECD Employment Outlook 2023. Artificial Intelligence and the Labour Market

Secondo il rapporto dell’OCSE, le parti sociali assumono un ruolo chiave nell’indicare quali tecnologie adottare, facilitandone l’introduzione e definendo le esigenze di formazione. Possono supportare le aziende nel fornire risposte flessibili e pragmatiche, ma eque, ai cambiamenti tecnologici e contribuire a migliorare la qualità dell’ambiente di lavoro. Le parti sociali potrebbero anche contribuire alla definizione di nuovi diritti, come, ad esempio, il diritto di non essere soggetti a processi decisionali automatizzati senza controllo umano, oppure a migliorare quelli esistenti, come il diritto alla formazione. Attraverso la contrattazione collettiva, potrebbero essere integrate le politiche pubbliche con l’obiettivo di migliorare la sicurezza e l’adattabilità dei lavoratori.

Le parti sociali possono contribuire a facilitare l’adozione dell’IA sui luoghi di lavoro

 

Fonte: OECD Employment Outlook 2023. Artificial Intelligence and the Labour Market

In questo senso, il Rapporto si pone in linea di continuità con alcuni studi secondo cui l’adozione di tecnologie con componenti IA nelle aziende che registrano forme di rappresentanza sindacali, è associata a migliori condizioni di lavoro. Lo provano, ad esempio, il già citato studio di Lane, Williams e Broecke, The impact of AI on the workplace (2023),  Belloc, Burdin e Landini nel saggio Robots, Digitalization, and Worker Voice (2022) e Parolin nella pubblicazione Automation and occupational wage trends: What role for unions and collective bargaining? (2019), il quale si sofferma in particolare sulla stretta correlazione tra forza della rappresentanza sindacale e salari dei lavoratori.  

I datori di lavoro che consultano i lavoratori registrano un impatto positivo dell’IA sulla produttività e sulle condizioni di lavoro

Fonte: OECD Employment Outlook 2023. Artificial Intelligence and the Labour Market

Il Rapporto evidenzia tuttavia come la maggior parte delle azioni in corso siano attuate da pochi sindacati o organizzazioni datoriali. Uno dei principali problemi, infatti, è costituito dalla mancanza di competenze in materia di IA. Il problema della formazione, dunque, riguarda anche i dirigenti delle stesse parti sociali.  


La necessità di una tempestiva governance politica

Come sottolinea nell’introduzione il direttore del dipartimento Occupazione, Lavoro e Affari Sociali dell’OCSE, Stefano Scarpetta,  “l’impatto dell’IA sui lavoratori e sul posto di lavoro e il rapporto tra benefici e rischi dipenderà anche dall’azione politica che sarà intrapresa”.
Da un lato vi è l’esigenza di incentivare i programmi di formazione. Ad esempio l’Irlanda ha investito nell’espansione dei programmi di istruzione formale, mentre Germania, Finlandia e Spagna hanno intrapreso iniziative per aumentare il livello delle competenze di intelligenza artificiale nella popolazione attraverso la formazione professionale e l’apprendimento permanente.
Dall’altro, le istituzioni devono prevenire, attraverso specifiche regolamentazioni, i rischi che l’IA può comportare in termini di privacy, sicurezza, equità e diritti dei lavoratori, ma anche garantire responsabilità e trasparenza nei processi decisionali. 

Il Rapporto è accessibile al seguente link: https://read.oecd-ilibrary.org/employment/oecd-employment-outlook-2023_08785bba-en#page4