Rapporto sul mercato del lavoro del CNEL: necessario investire nell’aggiornamento delle competenze dei lavoratori

La transizione digitale e quella ecologica devono essere sostenute non solo con una rigorosa finalizzazione agli investimenti del PNRR, ma anche con scelte del nostro Paese coerenti con le indicazioni europee. È quanto afferma il CNEL, Consiglio Nazionale Economia e Lavoro, con un insieme di proposte su quelle che ritiene le priorità per l’attuale legislatura. Una richiesta contenuta anche nel Rapporto mercato del lavoro e contrattazione collettiva 2022: “Il perseguimento di questi obiettivi – si legge nel rapporto – richiede non solo politiche pubbliche di tipo difensivo (come, ad esempio, gli ammortizzatori sociali), ma iniziative coordinate volte all’innovazione e impostate sul medio periodo, che accompagnino la transizione con il rinnovamento strutturale delle tecnologie, dei sistemi produttivi e del prodotto, insieme con interventi di formazione per la riconversione – reskilling e upskilling – delle professionalità dei lavoratori”.
Reskilling e upskilling
E proprio a proposito sull’aggiornamento delle competenze dei lavoratori, il CNEL avverte: “Se l’obiettivo è riallocare i lavoratori in possesso di competenze divenute obsolete, il costo del reskilling sarebbe piuttosto limitato, in quanto si farebbe leva sull’insieme di competenze comuni che caratterizzano le occupazioni verdi e le occupazioni tradizionali. Se invece l’obiettivo delle politiche che promuovono la transizione è riassorbire la disoccupazione strutturale legata anche ad altre trasformazioni, come in parte postulato nel Green Deal europeo, il divario in termini di competenze sarà con buona probabilità molto più marcato, e chiuderlo richiederà investimenti più ingenti in programmi di reskilling e upskilling”.
Il “nodo mismatch” fra domanda e offerta di lavoro
Il Rapporto traccia anche le prime conclusioni sull’attività, svolta nell’ultimo anno, dal tavolo istituito dal CNEL sul mismatching fra domanda e offerta di lavoro, nel quadro di un ampio progetto che ha coinvolto istituzioni, mondo del lavoro, imprese dei settori più tecnologicamente avanzati, dell’artigianato e del credito e tutti i livelli del mondo della formazione. A preoccupare maggiormente sono i trend di dispersione scolastica, drammaticamente differenziati sul territorio, inverno demografico che immette sul mercato sempre meno giovani e sempre più lavoratori anziani, cattivo sistema di orientamento delle famiglie nella scelta dell’istruzione da dare ai figli, accelerazione dei processi di digitalizzazione che non riescono a trasformarsi in nuove opportunità occupazionali, ma diventano al contrario fattori di esclusione.
L’analisi del CNEL conferma un insufficiente livello di raccordo fra chi domanda e chi offre lavoro, una strutturale difficoltà delle istituzioni a più livelli a “fare sistema”, ritardi del sistema accademico nel modificare i piani di studio, farraginosità della macchina burocratica e scarsa fiducia delle imprese private nei confronti dei servizi offerti dalle strutture pubbliche. Ci sono però segnali positivi, come l’emergere di una tendenza da parte delle aziende a sostituire i tagli lineari di organico con strategie volte a tutelare le professionalità in servizio, a proteggere il know how e a lavorare sul gap di competenze, contaminando i “saperi” e connettendo le competenze tecniche con quelle relazionali.
Entro il 2026 – afferma il Rapporto – il mercato del lavoro italiano potrà avere bisogno di 4,1-4,6 milioni di occupati. La previsione è che il mercato del lavoro sarà investito da una profonda trasformazione in chiave di sostenibilità, coinvolgendo in maniera trasversale i settori e le professioni. In tale quadro, le maggiori criticità relative all’incontro tra domanda e offerta riguarderanno medici, infermieri, fisioterapisti, professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali, che saranno essenziali per la riorganizzazione e implementazione della rete di assistenza sanitaria territoriale, oltre a quelle professioni cruciali per gli avanzamenti nei processi di innovazione tecnologica e transizione digitale, quali specialisti in scienze matematiche e informatiche, tecnici ICT, ingegneri e tecnici in campo ingegneristico.
Lo stato di salute dell’economia italiana
Il Rapporto del CNEL evidenzia un 2022 a due facce: se, infatti, nella prima metà dell’anno si è assistito a una ripresa economica consistente, anzi superiore alle medie europee, consentendo alla occupazione in particolare di recuperare i livelli pre-pandemia crescendo più del PIL, la seconda metà del 2022 ha visto l’intervento di vari fattori negativi che hanno invertito le tendenze economiche e della occupazione: l’aumento dei costi della energia e delle materie prime, anche in conseguenza della guerra in Ucraina, la crescita dell’inflazione e il venir meno della politica espansiva della BCE. Con il risultato di un forte rallentamento della crescita economica che si è riflessa in una frenata di nuovi posti di lavoro.
Il ruolo dei Fondi interprofessionali
Il documento del CNEL dedica inoltre un intero capitolo alla formazione continua finanziata dai Fondi interprofessionali, evidenziandone lo sviluppo nel corso degli anni e “l’importante ruolo da essi svolto nel ridurre i divari di investimento formativo”, anche se, evidenzia il CNEL, “appare necessario un più marcato orientamento della domanda di formazione verso temi e strumenti in grado di incidere sulla capacità di competere delle imprese e sul grado di occupabilità dei lavoratori”.
“Nell’ultimo anno precedente la pandemia – si legge nel Rapporto – sono stati approvati cinquantamila piani formativi, destinati a un milione e settecentomila lavoratori in oltre novantamila aziende; le attività formative concluse hanno coinvolto 1.417.000 lavoratori, per il 59,4% uomini e il 40,6% donne. Nel 43,5% dei casi la formazione è stata finalizzata all’aggiornamento e/o alla manutenzione delle competenze dei lavoratori, mentre il 30% delle attività formative ha riguardato processi di innovazione e nel 14,9% la sicurezza sui luoghi di lavoro. Circa la metà dei piani è stata finanziata attraverso “avvisi”, strumento solidaristico al quale fanno frequentemente ricorso aziende di piccole dimensioni, mentre i lavoratori delle grandi imprese hanno usufruito di interventi formativi finanziati attraverso conti aziendali”.
Il CNEL ricorda, inoltre, come il PNRR individui nella formazione “collegata al lavoro” un importante asse strategico del cambiamento che proprio con il Piano si dovrebbe riuscire a innescare, lungo un asse strategico trasversale alle sei Missioni individuate dall’Unione europea come condizioni necessarie di crescita produttiva e sociale. Nella Missione 5, l’asse relativo alle politiche attive, si sviluppa con due misure: il Programma Nazionale per la Garanzia Occupabilità dei Lavoratori (GOL), orientato a sostenere i lavoratori in transizione, i disoccupati e i giovani in cerca di prima occupazione ed il Piano Nazionale Nuove Competenze, volto a garantire maggiore coesione delle politiche a sostegno della formazione per tutto l’arco della vita, comprendendo in questa categoria gli adulti in generale.