I settori e i paesi più colpiti dalla crisi economica post Covid-19

Imprese prospere, sopraffatte, sovraccariche e minacciate. Sono questi i quattro scenari in cui le aziende di tutto il mondo sembrano rispecchiarsi durante questa crisi economica post Covid-19. Secondo una ricerca della società di consulenza globale di strategia e marketing Simon-Kucher & Partners, il 58% dell’economia mondiale è in pericolo dopo la pandemia.

I settori che risentono di più della crisi economica

Lo studio mostra come il 17% delle imprese sia sopraffatto dalla crisi attuale e un 14% di esse abbia subito un netto calo anche per i cambiamenti nella domanda dei consumatori.  Sembra infatti che questi ultimi, costretti dalla recessione economica a rivedere lo stile di vita e influenzati dalla paura del virus, abbiano modificato in fretta tutte le loro abitudini di spesa, eliminando soprattutto ciò che non sia ritenuto necessario per la sopravvivenza. A subire la crisi sono soprattutto il settore dei viaggi, dell’ospitalità e del trasporto. Minacciato anche il settore automobilistico, il manifatturiero, quello delle spedizioni e dell’edilizia.

I settori che ne risentono meno

In sofferenza ci sono anche i settori chimico, metallurgico, della produzione di energia, gas e petrolio che subiscono alcuni cambiamenti della domanda e poi, le aziende sopraffatte, la cui operatività è messa a dura prova dalla costante richiesta come assicurazioni, banche e servizi finanziari. La speranza è che alcuni settori meno colpiti facciano da traino all’economia globale (es. farmaceutica, telecomunicazioni, software e media) e che arrivino interventi importanti da parte dei governi.

Ma è importante anche che le aziende stesse comprendano in quale direzione andare, cercando di comprendere come riorganizzare i team, le politiche da adottare e le strategie da intraprendere.

Crisi economica - settore farmaceutico e chimico

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L’impatto sull’Italia

L’impatto della pandemia e del lockdown sono stati più devastanti del previsto in Italia. Da un dato emerso dal Rapporto annuale Istat 2020, si parla di «un forte calo dell’attività, diffuso a tutte le componenti settoriali, con una contrazione del Pil superiore all’8 per cento che sarà solo in parte recuperata l’anno successivo».

Secondo il Rapporto Regionale PMI 2020, realizzato da Confindustria e Cerved, in collaborazione con SRM-Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, le le piccole e medie imprese italiane sono destinate, nel 2020, a contrarre il loro fatturato del 12,8%, con un rimbalzo nel 2021 dell’11,2%, insufficiente per ritornare ai livelli del 2019.

Nel complesso, questa contrazione si tradurrà in una perdita di 227 miliardi di fatturato nel biennio 2020-21 rispetto a uno scenario tendenziale di lenta crescita delle vendite. Nell’ipotesi pessimistica, in caso di nuove ondate del Covid-19, il calo dei ricavi è stimato a -18,1% per l’anno in corso (+16,5% nel 2021), con una flessione di ricavi, per le PMI prese in esame nel biennio di previsione, che sfiorerà i 300 miliardi di euro

Drammatica anche la stima di Coldiretti per i mesi estivi (luglio-settembre): ristoranti, bar, trattorie accusano un calo del 40% (circa 3 miliardi in meno di fatturato) dovuto soprattutto ad una mancanza di turisti (nell’estate del 2019 sono stati 16 milioni), che la scelta degli italiani di restare in patria riuscirà a colmare solo in minima parte. Un calo rilevato anche dalle strutture che ospitano i turisti (soprattutto gli alberghi, preferiti gli agriturismi e le case in affitto): nonostante il fatto che il 93% degli italiani abbia scelto il Bel Paese per le vacanze (soprattutto le località di mare), la presenza dei soli turisti italiano non sarà sufficiente a colmare il gap.

La Sicilia è l’unica regione che segna un aumento di turisti rispetto al 2019; Puglia, Campania e Sardegna sono tra le mete più gettonate, ma registrano comunque un calo di presenze rispetto all’anno scorso.

Gli italiani scelgono il turismo di prossimità, preferiscono restare vicino casa, nella propria regione o al massimo in quelle limitrofe. Penalizzate Lombardia, Lazio, Marche ed Emilia Romagna, mentre aumentano i turisti in Umbria, Abruzzo, Friuli e Molise. In sostanza le regioni più colpite dal virus sono le più penalizzate. Senza turisti stranieri l’Italia dovrà non solo fronteggiare un calo delle entrate (che riguarderà anche cibo, souvenir, trasporti e shopping), ma anche fare a meno dell’effetto promozione sui prodotti nostrani e quindi sull’export nazionale.

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Il panorama europeo

In recessione profonda anche l’economia dell’Ue, proprio perché le misure restrittive sono state più lunghe del previsto e hanno interessato diversi stati europei. L’impatto negativo, secondo i dati della Commissione Ue, sarà quindi maggiore rispetto a quanto ipotizzato in un primo momento e si prevede una contrazione economica dell’8,3% nel 2020, per poi tornare a crescere intorno al 6% nel 2021. La ripresa sarà più facile nel terzo trimestre se non ci sarà una ripresa del virus e la crescita del settore turistico sarà più lenta rispetto a quello dell’industria. L’Italia, in ogni caso, risulta il paese più penalizzato dall’emergenza sanitaria (foto in basso, fonte Istat).

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Schema Pil prodotto interno lordo