Specializzarsi e aggiornarsi in maniera continua favorisce l’inserimento nel mondo del lavoro

Trovare lavoro dopo un anno dal diploma non è una chimera, ma una realtà che emerge dai dati del monitoraggio di Indire (Istituto Nazionale Documentazione Innovazione Ricerca Educativa) sugli Istituti Tecnici superiori. Si tratta di istituti di formazione terziaria professionalizzante e quindi di livello post-secondario (si accede dopo la scuola superiore), dove viene rilasciato un diploma tecnico. Quella degli Its è una formazione non universitaria che dura 2 o 3 anni e che consente di specializzarsi e di entrare subito nel mondo del lavoro.
Positivi i dati degli Its
Dall’indagine di Indire emerge che l’80% dei diplomati ha un impiego dopo 12 mesi dalla fine del percorso di studi, e il 90% ha un lavoro coerente con il diploma preso. Quasi il 50% viene assunto con un contratto a tempo determinato. Chi si iscrive agli Its sono giovani che arrivano in prevalenza da gli istituti tecnici (più del 62%) e dai licei (21%); gli iscritti sono maschi (72%), di età compresa tra i 20-24 anni (il 45%) e tra i 18-19 anni (il 32%). Trovano lavoro subito coloro che si diplomano nei settori: Mobilità sostenibile (83%), Tecnologie dell’informazione e della comunicazione (82%) e Nuove Tecnologie per il made in Italy (80%). In quest’ultimo ambito rientrano Sistema meccanica (92%) e Sistema moda (86%).
Secondo questi dati, quindi, gli Its rispondono alle esigenze del mercato del lavoro e contribuiscono a ridare slancio all’economia. Formano tecnici molto richiesti dalle imprese, tanto che stanno aumentano sia gli iscritti che i corsi erogati, oltre alla qualità della formazione stessa che si compone di metodologia, laboratori e stage in azienda, con la collaborazione di docenti che provengono dalle imprese stesse. I dati Indire mostrano che sono oltre 2400 le aziende coinvolte negli stage, in maggioranza di dimensioni medio-piccole (il 40% ha un numero di dipendenti inferiore a 9).
Attività didattiche che unite all’apprendistato e alla formazione prevista da questa tipologia di contratto – che può essere finanziata dai Fondi Interprofessionali – consentono ai giovani di entrare nel mondo del lavoro, formarsi, migliorare le proprie competenze e avere l’opportunità di creare un rapporto duraturo con l’azienda. Un ottimo trampolino di lancio.
Il gap da colmare nel settore tecnologico
In questo quadro positivo, emerge però anche un gap da colmare: la tecnologia. Secondo il recente sondaggio Desi di giugno 2019 (stilato dalla Commissione europea per valutare l’indice di digitalizzazione dell’economia e della società) l’Italia è 24° nella classifica europea. Lo sviluppo della rete veloce risulta lento e si registra anche una scarsa diffusione dell’uso di internet tra la popolazione.
Il Rapporto Desi mostra un Paese indietro rispetto al resto delle nazioni Ue, che deve quindi investire in questo settore per stare al passo. Ad esempio, si usa poco l’e-banking, le PMI che vendono online sono solo il 10% e le competenze digitali degli italiani restano scarse.
«È la formazione a fare la differenza anche per quanto riguarda la digitalizzazione delle imprese – ha dichiarato il direttore di FondItalia Egidio Sangue. È necessario che le imprese comprendano la portata innovativa che può derivare dall’introduzione del digitale nella propria azienda, anche se piccola e micro, e formino costantemente i propri dipendenti già attivi ed i neo assunti per un corretto e completo utilizzo dei nuovi sistemi di produzione, vendita e gestione. Per questo FondItalia ha scelto di finanziare la formazione sia per quanto riguarda l’apprendistato che l’introduzione di sistemi innovativi in azienda. Per essere al fianco delle imprese e dei lavoratori sia per quanto riguarda le esigenze immediate che quelle di investimento a lungo termine».
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